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A sangue freddo di Truman Capote: recensione

Capote riuscì a raccontare con freddezza e realismo un sanguinoso evento.

Cenni sull'autore

Truman Capote, nato a New Orleans nel 1924, a causa del divorzio dei genitori fu costretto a trasferirsi ancora bambino presso alcuni parenti in Alabama, dove visse praticamente abbandonato dalla madre e dal padre. La sua infanzia fu, quindi, tutt'altro che felice anche se ben presto cominciò a distinguersi per la sua capacità di scrittura, vincendo molti premi letterari scolastici.
La sua fervida fantasia e la sua cultura in campo letterario lo spinsero sempre di più a realizzare la volontà di diventare scrittore.
Il suo primo vero successo arrivò con la pubblicazione di un suo racconto su una rivista femminile.
Da quel momento venne invitato nei salotti più alla moda di New York, conoscendo personaggi famosi e attori internazionali.
Tuttavia Truman Capote dimostrò sempre un carattere difficile e la sua omossessualità, poco accettata nella società americana dell'epoca, lo portò a isolarsi, finendo con l'avere relazioni sentimentali instabili con uomini che lo sfruttarono solo per il suo denaro.
Alcool, droga e vita sregolata lo portarono ad ammalarsi e nonostante gli sforzi degli amici per farlo disintossicare, morì nel 1984 di cirrosi epatica. Una vita senza dubbio segnata da un'infanzia infelice e forse mai vissuta davvero.
"A sangue freddo" è la sua vera ultima opera.

"A Sangue Freddo" un opera dal realismo esasperato

Il Romanzo "A Sangue Freddo" (uscito nel 1966) fu scritto dall'autore dopo un sanguinoso fatto di cronaca avvenuto nel Kansas nel 1959 e che colpì molto l'opinione pubblica americana.
Due balordi usciti dal carcere decisero di rapinare un agricoltore, dopo aver saputo che questi aveva in casa una cassaforte. Entrati nell'abitazione per cercare i soldi e non trovando nulla, uccisero brutalmente lui, sua moglie e due figli, scappando poi nella notte.
Tuttavia la loro fuga durerà molto poco perché, catturati dalla polizia, saranno condannati a morte. Un eccidio avvenuto senza un reale motivo.
Dopo questo episodio, Capote decise di scrivere un romanzo sull'accaduto, pubblicandolo a puntate sul New Yorker.
Ciò che colpisce del libro è la cura con cui egli volle documentarsi sull'accaduto, visitando anche gli stessi assassini e scrivendo non un romanzo ma un'articolo di cronaca vera, una sorta di teatro degli orrori, in cui egli non tralascia alcun particolare, descrivendo tutto con freddezza e lucidità.
Senza alcuna emozione o coinvolgimeto personale.
Si tratta di un'opera di alto livello letterario che, tuttavia gli costò numerose critiche proprio per la crudezza usata nel raccontare un fatto realmente accaduto. Capote ne rimase così coinvolto che non riuscì a portare più a termine alcuna opera.
Dal suo libro venne tratto nel 2005 un film per la regia di Bennet Miller.

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