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Alfred Molina, biografia e filmografia

L’eccessivo ingombro fisico non è mai stato di grande aiuto nella scalata al successo. Alfred Molina ha saputo dimostrarci il contrario.

La scuola e gli esordi

Probabilmente il suo successo, non eclatante ma durevolmente buono nel tempo, è dovuto alla sua preparazione teatrale. Dopo appropriati studi diviene membro della Royal Shakespeare Company con la quale si farà le ossa sulla scena, cercando di sfruttare le potenzialità espressive e gestuali che anche un fisico imponente come il suo avrebbe potuto esprimere, impegnandosi ad uscire da quella serie di caratteri e clichés cui, altrimenti, sarebbe stato condannato dal mercato, con parti che inesorabilmente avrebbero valorizzato l’ingombranza fisica sminuendone quella intellettuale e recitativa. Le sue prime apparizioni davanti alla macchina da presa risalgono agli inizi degli anni ’80 con parti secondarie in “I predatori dell’arca perduta” e “Lettera a Breznev”, prima di stupire tutti con il successo personale raggiunto con “Prick up – L’importanza di essere Joe” nel 1987.

Il consolidato successo

Siamo nel 1987 e “Prick up” si dimostra pellicola fondamentale nella carriera di Molina. Si produce in un’intensa partecipazione assumendo quattro ruoli per lui del tutto estranei: fine intellettuale, gay (in tempi in cui ancora il cinema andava cauto con questo universo sociale), assassino impietoso e suicida, vittima di un esistenzialismo inquietante. Un fantastico poker di ruoli che gli aprirà la strada – dopo film interlocutori come “Famiglia Perez”, “Specie mortale” e “Magnolia” – a due splendide interpretazioni dove l’intenso linguaggio del suo sguardo e della sua misurata gestualità, sempre più compenseranno ed anzi, quando necessario, valorizzeranno la sua scenica ingombranza facendo del suo fisico un sostegno alla recitazione: “Chocolat” e “Frida”, due pellicole che oltre ad avere qualità estranee a Molina, saranno per lui consolidamento di una carriera durante la quale, saltando da un ruolo all’altro, aveva quasi disperatamente, ma sempre con dignità di recitazione, cercato il suo spazio vitale, trovandolo alfine, con pieno diritto al successo ed ai riconoscimenti. In entrambi i film giocherà ruoli complessi, dove l’iniziale carattere del protagonista viene a modificarsi con lo svolgersi della vicenda, laddove, sia come sindaco Reynaud, sia come Diego Rivera, il pittore, ben addomesticherà gestualità, recitazione e intensità al volgere degli eventi, subendone ora il fascino, ora il peso e restituendone sempre un’adeguata coerenza ed una credibilità cariche di qualità e di intensità. Molina proseguirà nella sue peregrinazioni tra ruoli diversi, da “Spider Man 2” a “Il Codice da Vinci” fino a “Seta”, dove nei panni dell’impresario Baldabiou ci regalerà una matura interpretazione. Non mancheranno ruoli più inconsueti come Maxim Horvath ne “L’apprendista stregone” o Sheik Amar nel “Prince of persia”, ruoli assolti con il relax della consapevolezza, in attesa di altre, ci auguriamo, piacevoli rivelazioni.

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