Citizen Journalism: rilevanza e ruolo del giornalismo partecipativo nel web 2.0
Il giornalismo partecipativo è la nuova frontiera dell'informazione.
La rivoluzione in atto nel giornalismo
La crisi dell’informazione, vista come una lezione sui principali fatti della giornata, fatta da mezzi cartacei, televisivi o radiofonici, sta producendo un fenomeno estremamente interessante, il rigoglio dell’informazione vista come servizio reso da cittadini ad altri cittadini e tesa ad aggirare i limiti posti da grandi gruppi economici e potentati vari che hanno tutto l’interesse a nascondere le notizie che non sono considerate gradite. Tutto questo anche grazie a uno strumento altamente democratico come Internet, che non a caso è stato considerato il grande protagonista delle rivolte che hanno interessato negli ultimi tempi il mondo arabo.
Perché il giornalismo partecipativo fa paura
Il Citizen Journalism, o giornalismo partecipativo è la nuova forma di giornalismo innescata dalla natura interattiva dei nuovi media e che vede il suo fulcro nella potenza comunicativa di Internet. Grazie ad esso, sul WEB si sono formate vere e proprie piazze informative, ove un grande numero di cittadini si scambia informazioni che sui media tradizionali vengono nascoste o sacrificate in base ad esigenze che spesso sono legate alla proprietà degli stessi. Basti pensare che il più grande sito informativo coreano, OhmyNews, che ha un’utenza giornaliera di oltre un milione di visitatori, vede i suoi contenuti offerti per oltre il 70% dai 35.000 cittadini che si improvvisano reporter e mandano loro articoli su aspetti considerati fondamentali. E la stessa cosa succede per AgoraVox, il più grande sito informativo europeo, nato in Francia nel 2005 e ormai diventato il secondo servizio informativo transalpino, dopo Le Figaro. In Italia, un caso di giornalismo partecipativo è quello di Radio Radicale, che ha creato il sito Fainotizia.it, ove chi vuole può pubblicare il proprio articolo sul tema che ritiene più interessante.
Il fenomeno, che ha ormai assunto proporzioni di massa, è oggi oggetto di attenzione anche dell’informazione tradizionale, e ha anche avuto un corollario di polemiche legato al tentativo in atto di controllare il variegato mondo dei siti da parte della politica. Discussione che è partita dal problema se si debba lasciare totale libertà agli stessi o se vi debbano essere dei limiti come le norme sulla stampa. E le polemiche si sono rinfocolate a partire dal 2007, quando è stato presentato un disegno di legge sulla riforma della editoria, che prevedeva l’obbligo di registrazione per i siti, con una dura presa di posizione degli internauti che ha costretto il sottosegretario Levi ad una precisazione riguardante i blog, per i quali non varrebbe tale obbligo. Insomma, la libertà di cui è portatrice sana il giornalismo partecipativo, fa paura e non potrebbe che essere così, in una società ove la notizia, nella sua oggettività, può muovere milioni di persone.