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Dalila Di Lazzaro: cenni biografici e carriera artistica

Dopo una carriera televisiva e cinematografica più dovuta al fascino che non alle qualità interpretative, Dalila di Lazzaro è stata vittima, nella vita, di vicissitudini dolorose che l’hanno vista di recente proporsi al pubblico, dopo una lunga pausa, come scrittrice.

Davanti alla macchina da presa

Giunta al cinema dopo un esordio come modella e interprete di spot, la Di Lazzaro inizia la sua carriera nel 1972, con una particina nel western nostrano “Si può fare … amigo”. Sarà solo nel 1976 che gli verrà proposto il ruolo di interprete, nel film “Oh, Serafina!” di Lattuada. Il film, che la Di Lazzaro interpreta al fianco di Renato Pozzetto, pur presentando una riflessione contro la reclusione dei malati nei manicomi, oltre ad una autentica denuncia ecologista, non ebbe il successo sperato per nessuna di queste istanze sociali, complice una pressoché inevitabile storia d’amore dovuta al cliché con il quale il cinema l'aveva etichettata. Proprio per la indubbia bellezza e la non altrettanto impeccabile capacità di interprete, non riuscirà mai ad andare oltre il ruolo della femme fatale nonostante possa annoverare la partecipazione ad oltre una trentina di pellicole ed a numerosi sceneggiati per la televisione che comunque le porteranno una notevole popolarità. Tra i films, probabilmente da menzionare sono “Il gatto” di Comencini, al fianco di Tognazzi del 1977, “Voltati Eugenio”, di Comencini del 1980 , “Tutti dentro” del 1984 con Alberto Sordi e Joe Pesci. In nessuno di essi tuttavia riesce a far emergere caratteristiche interpretative tali da lanciarla come star.

La vita e la rinascita

Colpita dall’immenso dolore dovuto alla perdita del figlio ventiduenne nel 1991, l’attrice si allontana dalle scene che ricalcherà poi solo episodicamente e con parti secondarie anche perché reduce ella stessa da un brutto incidente che le causerà la frattura di una vertebra con il conseguente calvario di dolore e di infermità seppur non permanente e che tutt’oggi le concedono solo poche pause di tregua. La Di Lazzaro ha trovato comunque il coraggio di aprirsi una nuova strada di confronto con il pubblico, attraverso la stesura di alcuni romanzi a sfondo autobiografico nei quali probabilmente trova anche quel vigore espressivo che non aveva saputo far emergere durante la carriera cinematografica. “Il mio cielo”, del 2006, è stato il primo e da esso emerge la storia della sua prima vita, quella che giunse fino alla morte del figlio. Vita difficile, dove non mancarono anche le violenze subite da bambina. I successivi, “L’angelo della mia vita” e “Toccami il cuore”, ne sono il seguito e ci fanno conoscere una donna ben lontana dal cliché cinematografico, bensì forgiata dal dolore fisico e psicologico che l’ha temprata e resa, oggi, anche serena e socialmente impegnata per l'adozione e contro l'anoressia.

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