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Francesco Crispi e la sinistra storica

Personaggio controverso, protagonista di un periodo controverso della storia italiana. Acclamato ed odiato da tutte le fazioni politiche sia di destra che di sinistra, fu artefice indiscusso della nascita della Nazione ora a fianco di Garibaldi, ora del Re.

L’Italia unita

Forse questo fu l’unico concetto che accompagnò negli anni, la vita politica di Francesco Crispi. Un concetto che lo portò a stringere temporanee alleanze con tutte le fazioni in gioco, ora vestendo i panni del repubblicano, ora gettandoli, riscoprendo nella fede monarchica il vero e unico percorso atto a compattare la penisola. Le accuse di opportunismo a seguito di tale atteggiamento non mancarono, specie quando, una volta raggiunto stabilmente l’ambito parlamentare, mostrò un chiaro atteggiamento conservatore, fino a divenire autoritario in occasione della sua elezione a Capo del Governo. L’Italia doveva essere e restare unita a qualsiasi costo. Storico avversario della Francia sin dai tempi in cui, esule clandestino partecipò al tentativo di assassinio di Napoleone III, contrario alla iniziale spedizione garibaldina contro lo Stato Pontificio, per paura di una rappresaglia francese che avrebbe spazzato il Piemonte, divenne attivo partecipante alla Triplice Alleanza, sempre in chiave antifrancese, annegando definitivamente quei principi, proprio figli della rivoluzione transalpina, che lo avevano ispirato fino allo sbarco dei Mille, cui peraltro, partecipò.

Governo e sinistra storica

La sinistra cosiddetta storica fu quella fazione politica di origine liberale che si appoggiava alle idee di Mazzini e Garibaldi che trovò in Agostino Depretis il suo portavoce più autorevole. Già ai tempi dell’invasione garibaldina Crispi ebbe uno scontro con Depretis, riuscendo poi a farlo dimettere da “dittatore” della Sicilia in nome di Garibaldi e sostituendolo. Ma questa danza, definita poi storicamente “trasformismo” era solo agli inizi. Depretis, divenuto poi per più mandati Capo del governo, nel 1887 chiamò Crispi quale Ministro degli Esteri, costretto sia dalla salute che dalle disgrazie politiche per la fallimentare politica coloniale. Morì nello stesso anno e Crispi gli successe, dando origine a tutta una serie di iniziative liberali tra cui l’approvazione del codice Zanardelli che oltre a riformare il diritto penale, contemplava anche il diritto allo sciopero; operò in senso protezionista per l’economia, imponendo dazi sulle merci estere, sviluppando nel contempo una politica di tipo industriale che avrebbe di fatto lasciato in balìa di se stesso il Sud e la sua economia prettamente agricola. Da un lato dunque sposava le istanze liberiste della sinistra, dall’altro, il suo programma industriale inaspriva le tensioni sociali che infatti sfociarono nei Fasci siciliani, da lui repressi con la forza (tristemente famoso il massacro di Caltavuturo), arrivando poi a chiudere nel 1894 il Partito Socialista dei lavoratori italiani, emanazione delle fasce più oltranziste della sinistra storica. Tale conservatorismo lo portò all'abbandono nel 1986.

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