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Io canto: recensione dell'album di Laura Pausini

Laura Pausini è una delle più note cantanti italiane, una delle poche che riesce a vendere anche fuori dai confini nazionali.

Chi è Laura Pausini

Laura Pausini è una delle più affermate cantanti italiane, una delle poche che riesce a vendere anche all’estero. Dotata di ottime doti vocali, la sua produzione è orientata all’intrattenimento e al pop rock. Nel corso della sua carriera, iniziata nel 1993, ha dato luogo a dieci album, di cui “Io canto”, pubblicato nel 2006, rappresenta il nono episodio.

Recensione dell'album

Il lavoro, un album di cover, cioè di riedizioni di pezzi più o meno famosi del passato, viene aperto proprio da “Io canto”, di Cocciante, che però non è uno degli episodi più riusciti. “Due” di Raf e “Scrivimi” di Nino Buonocore, sono invece padroneggiate bene dalla Pausini, a differenza de “Il mio canto libero”, il famosissimo pezzo di Lucio Battisti che la cantante, in coppia con Juanes, non riesce a restituire in maniera adeguata. Va molto meglio con “Destinazione Paradiso” di Gianluca Grignani, caratterizzato dalla melodia, che è più nelle corde della Pausini. Anche “Stella genella”, di Eros Ramazzotti e “Come il sole all’improvviso”, di Zucchero, in duetto con Johnny Halliday, vedono una resa molto buona. Poi arriva uno degli episodi più discontinui di tutta l’operazione, “Cinque giorni” di Michele Zarrillo, che parte benissimo, ma evolve verso toni urlati che mal si adattano allo spirito del pezzo. A far dimenticare questo mezzo infortunio, contribuisce “La mia banda suona il rock”, pezzo di Ivano Fossati, di cui la Pausini, riesce a restituire lo spirito originario con una buona prova vocale. Il pezzo successivo è “Spaccacuore”, di Samuele Bersani, un pezzo pieno di talento che viene restituito in maniera adeguata da una cantante che, piaccia o meno, è provvista di ragguardevoli doti vocali. Mentre “Anima fragile”, un pezzo del 1997 di Vasco Rossi, ancora una volta la porta su territori inesplorati, mettendola in difficoltà. Poi arriva “Non me lo so spiegare”, cantata con Tiziano Ferro, forse il miglior pezzo dell’album, anche se portata ad una tonalità diversa da quella dell’originale. Seguono, poi, tre brani che potremmo definire di riempimento, messi soprattutto per fare numero, “Nei giardini che nessuno sa”, di Renato Zero, “In una stanza quasi rosa”, di Biagio Antonacci, e “Quando”, di Pino Daniele, che non aggiungono e non tolgono nulla al lavoro complessivo. La chiusura è affidata ad un altro pezzo molto famoso, “Strada facendo” di Claudio Baglioni.
Insomma, siamo in presenza di un'operazione che potremmo definire riuscita per metà. Ad episodi riusciti, seguono altri che lasciano perplessità. Bisogna comunque elogiare il coraggio della Pausini a confrontarsi con la migliore tradizione musicale del nostro paese negli ultimi anni.

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