Kay Scarpetta di Patricia Cornwell, recensione e trama del libro

Nulla, dice la protagonista Kay, è come sembra.

Il personaggio, l’autore e la trama

Patricia Cornwell e Kay Scarpetta, il personaggio letterario da lei inventato, hanno una cosa in comune. Entrambe hanno lavorato all’ufficio di Medicina Legale della Virginia. La prima, in quanto autrice, ovviamente con incarichi ben più modesti che non il prestigioso ruolo di direttore che aveva assunto la sua estensione nella fiction letteraria. In ciò si ravvisa una sorta di autobiografico viaggio della scrittrice che ha affidato (con enorme successo per entrambe), i propri sogni alla sua creazione, tra l’altro bionda come lei. Il volume “Kay Scarpetta” (edito in Italia nel 2009) altro non è che uno degli episodi di una popolarissima serie di romanzi thriller che hanno come protagonista la patologa Kay. La protagonista anche questa volta si avvale della collaborazione di altri storici collaboratori ben conosciuti dai lettori: Benton, psicologo forense, divenuto da non molti episodi suo marito e Lucy, la nipote, fenomeno nel campo informatico, divenuta proprietaria di una tecnologica agenzia investigativa, omosessuale (ed anche qui si ravvede una doppia nota autobiografica, sia per l'impiego nell'informatica che per la tendenza sessuale). La trama si sviluppa intorno ad un omicidio avvenuto a New York, dove viene richiesta la sua presenza sia per l’autopsia che per lo studio del presunto colpevole che solo con lei intende conferire, volendo dimostrare la propria innocenza. Durante la sua permanenza, avviene un secondo omicidio che darà l’avvio ad una indagine che verrà i tre della “squadra Scarpetta”, svolgere tra tecnologia, indagine psicologica e colpi di scena tali che lasceranno – come d’obbligo – il fiato sospeso fino all’ultima pagina.

Un successo che dura dal 1990

Il 1990 segnò la prima uscita di una storia di Scarpetta (il volume era "Postmortem") e da allora non è venuto meno l’interesse del pubblico per le vicende dell’affascinante patologa forense. Il romanzo in questione forse non è il migliore della collana ma, per certo, ancora una volta ha manifestato quella capacità di tenere il lettore ipnotizzato fino alle ultime righe. La capacità di incalzare con colpi di scena, raffinati espedienti tecnologici ed indagine psicologica, senza quasi mai eccedere nella stravaganza, è senza dubbio l’ingrediente che decreta il successo della storia, pur risultando il libro, forse un poco alieno (come molta produzione attuale del genere thriller) per i figli della “generazione Maigret”, poco avvezzi ad una stretta e quasi indispensabile convivenza con l’high-tech. Velatamente inoltre, si potrebbero ravvisare, in taluni passaggi, delle critiche a certe smagliature del sistema giudiziario americano ma, tanta è l’adrenalina che la storia mette in circolo, che passano inosservate ad una prima lettura.