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Recensione del film "The fast and the furious: Tokyo drift"

Il terzo film della serie "The Fast and the Furious" ambientato in Giappone, fra vuoti familiari, piccoli gangsters della Yakuza, donne contese e terrificanti corse nei garage di Tokyo

Dati e trama

"Fast and Furious: Tokyo Drift" è un film del 2006 diretto da Justin Lin, interpretato da Lucas Black, Bow Wow, Sung Kang, Brian Tee e Nathalie Kelly. Terzo episodio della serie cominciata nel 2001, coinvolge personaggi e vicende slegate dagli episodi precedenti..
Il giovane Sean (Black) viene mandato a vivere col padre in Giappone dopo che, per la terza volta, è stato coinvolto in una corsa clandestina negli Stati Uniti. Una volta giunto a Tokyo, fa la conoscenza del connazionale Twinkie (Wow), che lo introduce al mondo delle corse drift. Qui viene coinvolto in una sfida automobilistica contro il gangster DK (Drift King-Tee), a causa delle attenzioni che Sean ha per la sua ragazza, Neela (Kelly). Sean perde la sfida, distruggendo la macchina che gli è stata prestata da Han (Kang), compagno in affari di DK, ma che, in realtà, lo sta truffando in segreto. Per sdebitarsi, Sean comincia a lavorare per Han, e tra i due si sviluppa una forte amicizia, tanto che Han insegna a Sean il terrificante "drift", tecnica di guida inventata proprio in Giappone. Quando DK scopre l'inganno di Han, ne nasce un inseguimento al seguito del quale Han rimane ucciso. Solo un'ultima sfida potrà decidere chi, tra DK e Sean, dovrà abbandonare Tokyo e poter stare con Neela.

Recensione

"Tokyo drift" è un sequel che mescola, nel contesto del Sol Levante, gli stessi ingredienti dei precedenti film, ma con molta più banalità: corse spettacolari ma, questa volta, davvero inverosimili (il drifting è una tecnica sviluppata per lo spettacolo, non per vincere gare di velocità, e qui tutti la usano, perfino negli inseguimenti); rallenties da spot televisivo; gallerie senza fine di automobili modificate; colonna sonora mainstream; improbabili parabole maestro-allievo sul senso delle regole; machismo spaccone; passerella di modelle ammiccanti presentate come mero accessorio automobilistico; misoginia debordante (in Gioventù Bruciata, la posta in gioco della corsa era Natalie Wood, ma erano gli uomini a volersela contendere; in Tokyo Drift, sono direttamente le donne ad offrirsi come trofei); razzismo culturale (impagabile il momento in cui gli Stati Uniti ricordano al Giappone di essere un paese libero); scelte narrative esilaranti (sfidare la Yakuza ad una gara automobilistica).
Le parti più spettacolari delle corse automobilistiche fanno un larghissimo impiego della Computer Graphics.
Ottimo spot per gli amanti del drift, ma l'intero film è di contorno.

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