Storia Di Una Capinera, recensione
La storia di Maria, metafora di un mondo che scompare.
L'approdo di GIovanni Verga al romanzo mondano
Primo successo letterario di Verga, scritto durante il soggiorno fiorentino, ma pubblicato nel 1871 una volta trasferitosi a Milano, appartiene al periodo giovanile dell'autore.
"Storia di una capinera", segnala la crisi di Verga riguardo alla sua iniziale formazione romantico risorgimentale ed è preambolo alla sua successiva adesione ai canoni dell'analisi positivista e del realismo-naturalismo, propri della narrativa verista.
Il romanzo è scritto in forma epistolare. La sua prima pubblicazione avvenne sulla rivista " La ricamatrice" e, più di recente, nel 1993, Zeffirelli ne ha fatto una versione cinematografica.
Un romanzo che premette l'eplosione del Verismo
Ambientato nella Sicilia borghese rurale, Storia di una capinera è un romanzo di grande tensione sentimentale, incentrato sulla tragica vicenda di Maria, giovane novizia, suo malgrado, che incontra l’amore durante un soggiorno fuori dal convento catanese. L'autore percorre tutta la parabola tragica del sentimento, dall’entusiasmo iniziale, fino ad arrivare alla follia e alla reclusione forzata, una volta che Maria ha perduto per sempre il suo amato.
Al gusto quasi melodrammatico concorre non poco lo stile epistolare del romanzo che segna anche il passo dell’intreccio narrativo. L’espressione linguistica della protagonista è enfatica e infantilmente eccessiva, con un ricco uso di diminutivi e vezzeggiativi. Cio’ ne fa un personaggio psicologicamente coinvolgente benché a tratti ancora, nella stilistica dell’autore, non esattamente credibile.
Benché questo gusto del soggetto drammatico emerga come componente dominante di tutta la vicenda, restano comunque sullo sfondo due tematiche precise entro una profonda analisi sociale nell'osservazione descrizione degli strati popolari e un affresco della contraddittorietà della società borghese italiana.
Da una parte, infatti, la vicenda evidenzia sullo sfondo la gravità della condizione femminile, in cui la donna compare ancora completamente assoggettata a una volontà non sua e ingiustamente impossibilitata a decidere della propria esistenza.
Dall’altra, si cominciano ad intravvedere come nuclei tematici dell’autore: il decadimento dei valori familiari e tradizionali, la crisi morale nell’esplosione dei miti capitalistico-borghesi dello sviluppo e del benessere e la conseguente subordinazione alle leggi economiche da cui deriva la diffusione della corruzione nella classe dirigente nell’Italia dell’avvenuta Unità.
Nemmeno la religione può nulla in questo nuovo mondo che, se da una parte ancora ne utilizza le istituzioni, come quella conventuale per arginare le difficoltà economiche, burocratizzandole, facendo questo la svuota dal suo portato morale, relegandola a ruolo istituzionalmente alienato espressione ulteriore dello svuotamento valoriale generalizzato.