Bernardo Provenzano: il boss della mafia
Biografia del "capo dei capi" di Cosa nostra, arrestato dopo 43 anni di latitanza.
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Da contadino a capo dei capi
Nato a Corleone in una famiglia povera, dovette abbandonare la scuola prima di terminare la seconda elementare per lavorare nei campi. Le condizioni misere in cui viveva, lo spinsero ad arruolarsi nelle organizzazioni malavitose del luogo. Entrò al servizio di Michele Navarra, capo dei mafiosi corleonesi, ma quando ci fu lo scontro per il predominio fra Navarra e Luciano Liggio, si schierò con quest’ultimo insieme a Totò Riina. Provenzano fu accusato dell’omicidio di Navarra, morto in un agguato. Nel 1969 partecipò alla Strage di Viale Lazio (come testimoniano intercettazioni uscite recentemente), con l’incarico di eliminare Michele Cavataio, detto Il cobra, che aveva fatto scoppiare la prima guerra di mafia. Cavataio fu ritrovato con il cranio spaccato dal calcio di una mitragliatrice e ucciso con un colpo di pistola. Quest’omicidio così cruento gli fece guadagnare il nome “u tratturi”, perché dove passava lui non cresceva più l’erba. Nel 1974 Liggio fu catturato e Riina si mise a capo del clan con Provenzano e Bagarella. Dopo la seconda guerra di mafia, i tre si ritrovarono a capo di tutta Cosa nostra. Eliminati tutti i nemici, i Corleonesi divennero leader di una Cupola mafiosa che si è macchiata di numerosi crimini: la Strage di Capaci e la Strage di via d’Amelio (1992), nelle quali morirono i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e gli attentati a Roma, Firenze e Milano (1993). Lo Stato cominciò un’azione repressiva che, nel 1993, portò all’arresto di Riina. Provenzano, ora capo assoluto della mafia siciliana, abbandona la strategia stragista, ritornando a operare nell’invisibilità.
Il cerchio si stringe
Nel 2002 giunge notizia che, sotto il falso nome di Gaspare Troia, si sia fatto operare a Marsiglia per un cancro alla prostata. E’ un passo falso: in quell’occasione le forze di polizia riescono ad avere la foto del boss grazie alla carta d’identità. Nel 2005 ha inizio una serie di operazioni nei vari luoghi della Sicilia in cui avrebbe potuto trovarsi Provenzano. Nel 2006 il suo legale ne annuncia la morte, per depistare le indagini, ma viene smentito dalla Dia di Palermo. L’operazione continua: si segue la scia dell’intercettazione dei pizzini, i biglietti di cui il boss si serviva per impartire ordini, e dei pacchi contenenti spesa e biancheria. Questa strada condurrà la Squadra Mobile di Palermo a un casolare che, dopo un monitoraggio di dieci giorni con microspie e intercettazioni ambientali (per essere sicuri che Provenzano fosse lì), è stato preso d’assalto con un blitz. Il boss si è consegnato senza opporre resistenza. Oggi Provenzano, dopo un periodo di reclusione in isolamento a Novara, si trova nel Carcere di Parma.