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Dino Campana: biografia e opere principali del poeta

Dino Campana, un poeta che trascorse gran parte della sua vita rinchiuso in manicomio e che vide riconosciute le sue opere solo dopo la sua morte.

Biografia

Nasce il 20 agosto 1885 a Marradi, in provincia di Firenze. Il padre fu affettuoso con lui mentre con la madre ebbe un rapporto un po’ turbolento, soprattutto dopo la nascita degli altri figli (poiché sembre che la madre dedicasse tutte le sue attenzioni agli altri). Proprio questa poca attenzione nei suoi confronti da parte della madre scaturì in lui scatti di odio e amore che spesso si tramutavano in vere e proprie aggressioni nei confronti della mamma.
I suoi studi iniziano a Marradi e poi al Convitto Salesiano a Faenza. Per poi spostarsi, durante il liceo, a Torino. Frequenta a Bologna il corso universitario di Chimica.
A causa del rapporto difficile con la madre, Dino Campana viene considerato un bambino un po’ troppo brutale e, nel 1906, viene persino rinchiuso per qualche tempo nel manicomio di Imola. L’anno successivo lascia gli studi e decide di partire per un lungo viaggio che lo porta prima in Francia e successivamente in America del Sud, dove lavora come bracciante. Torna nuovamente in Europa e, in Belgio, viene arrestato e internato in manicomio. Torna in Italia e nel 1909 si iscrive, senza fortuna, nuovamente all’università di Bologna (Facoltà di Chimica). Nel 1913 consegna agli scrittori Soffici e Papini, direttori di Lacerba, un quaderno contenente il manoscritto “Il giorno più lungo”, che viene smarrito da Soffici. Allo scoppio della guerra prova ad arruolarsi, ma viene nuovamente rinchiuso in manicomio. Successivamente, alterna viaggi e soggiorni in clinica, ma anche una relazione con Sibilla Aleramo. Nel 1918 viene ricoverato definitivamente nel manicomio di Castel Pucci, in provincia di Firenze. E qui muore nel 1932.

Le opere principali

Gran parte delle sue opere vengono pubblicate successivamente alla sua morte. Nel 1942 viene pubblicato “Inediti”, nel 1949 “Taccuino”, nel 1952 “Canti orfici” e altri scritti, nel 1959 “Lettere”, nel 1960 “Taccuinetto faentino”. Nel 1970 viene, finalmente, pubblicato lo scritto che aveva consegnato nel 1913 a Soffici, “Il più lungo giorno”, ritrovato successivamente in casa di Soffici. Questo manoscritto rappresentava una fase di avvicinamento ai “Canti Orfici”. La leggenda (e lo stesso poeta) vuole che siano stati riscritti a memoria.

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