Farmaceutica di Santa Maria Novella, storia della profumeria artistica più antica d'Europa
Uno dei piccoli tesori nascosti di Firenze: una farmacia del 1600
Gli albori
Correva l’anno 1221, quando i dodici Padri Domenicani che soggiornavano nel convento attiguo alla piccola chiesa di Santa Maria delle Vigne (la costruzione della Basilica di S. Maria Novella inizierà nel 1279), diedero avvio alla Officina Profumo-Farmaceutica. I padri infatti si dedicavano alla coltivazione di erbe officinali per uso interno al convento. Nel 1612, fu possibile l'apertura della Farmacia, tutt’oggi esistente, piccola perla nella immensa offerta culturale cittadina.
L’attività
Con il passare del tempo, i prodotti della Officina Profumo Santa Maria Novella iniziarono ad essere richiesti nelle corti d’Europa e d’Oriente, dove si era sparsa voce circa la loro eccellente qualità. La produzione già al tempo si suddivideva tra preparati medicinali e preparati profumati, adatti alla persona ed all’ambiente. Famosa l’Acqua di Colonia che fu addirittura preparata su specifica ordinazione di Caterina de’Medici.
Con il 1612 e la volontà di Fra’ Angiolo Marchissi (“…illustre speziale ed aromataro…”) si assiste all’apertura della farmacia in Via della Scala al n. 16, mentre lo stabilimento per la produzione viene spostato alla periferia nord della città, in Via Reginaldo Giuliani.
Il successo è immediato, tanto che in una guida del XVII secolo sulla città, si riporta: “…che molte Città d’Italia, e fuor d’Italia ancora, da questa simili medicamenti e di molte preziose quint’essenze si proveggono…”. Con il tempo poi i prodotti si sono suddivisi in: Profumi, Cosmetica, Erboristeria, Antiche preparazioni, Liquori, Prodotti per Profumare la casa, Cereria profumata. Senza dubbio l’Acqua di Colonia ed il Pot-pourri di fiori secchi sono oggi i prodotti più rinomati, anche se esistono preparazioni altrettanto venerande come le Pastiglie balsamiche, l’Acqua di Melissa e l’Aceto Aromatico, le cui ricette, ancora oggi utilizzate, risalgono al 1600.
L’avvento dell’Unità d’Italia e con essa la fine dello Stato Pontificio e di tutti i privilegi che fino ad allora aveva avuto la Chiesa, portano alla confisca del laboratorio da parte dello stato. Così si riporta in un manoscritto dell’epoca: “...A tal oggetto il dì 8 ottobre dello stesso anno [1866], giorno dopo la festa del SS. Rosario, erano indemaniati anco i beni del nostro venerabile convento, ed espulsine i religiosi il 30 novembre, non lasciando ne’ sotterranei del convento dalla parte di mezzogiorno, rimpetto alla spezieria che il curato con due aiuti, ed il sagrestano con due conversi...”, dando inizio così alla gestione laica, che ben ha saputo conservare sia lo spirito che il patrimonio di esperienza acquisita da secoli di gestione domenicana. I prodotti in parte si rinnovano, alcuni vengono aggiunti, ma la tradizione di talune ricette, ancora oggi velate da piccoli segreti, viene mantenuta, così come l'utilizzo di tradizionali contenitori.