Giovanni Giolitti, politico italiano
Giovanni Giolitti, noto politico liberale italiano, fu più volte presidente del Consiglio dei ministri. Il periodo in cui esercitò la sua guida politica in Italia è denominato "età giolittiana".
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Brevi cenni biografici
Giovanni Giolitti nasce a Mondovì, in provincia di Cuneo, il 27 ottobre del 1842. Giolitti proviene da una famiglia benestante di origine francese. Suo padre era cancelliere del Tribunale di Mondovì e morì per polmonite quando Giovanni aveva solo un anno di vita. La famiglia di Giolitti si trasferì a Torino dove risiedeva la famiglia materna. Grazie ad una speciale deroga del Rettore della "Università di Torino", Giolitti si laureò in giurisprudenza a soli 19 anni. Giolitti si appassionò di politica grazie ad uno degli zii che era stato deputato nel 1848 nonché amico di Michelangelo Castelli, segretario di Cavour.
Politica giolittiana
Nel 1889 grazie alla sua esperienza in ambito finanziario, Giolitti divenne "Ministro del Tesoro" e nel 1892 Primo Ministro. Giolitti si dimise da questo incarico nel dicembre del 1893 a causa dello scandalo della Banca Romana e si rifugiò in Germania per evitare l'arresto. Nel 1897, dopo l'archiviazione del procedimento giudiziario nei suoi confronti, fece ritorno in Italia, diventando uno degli elementi di spicco della sinistra moderata. Nel 1901, fu Ministro dell'Interno nel gabinetto Zanardelli e Presidente del Governo quasi ininterrottamente dal 1903 al 1913. Questo lasso di tempo verrà chiamata "epoca giolittiana". Durante questo periodo ci fu un grande sviluppo economico e sociale che vide la creazione di un sistema di grandi banche che determinò il rafforzamento del sistema industriale. Numerosi furono i provvedimenti innovativi che Giolitti apportò nell'ambito della legislazione del lavoro a tutela di invalidità e vecchiaia, degli infortuni sul lavoro e del riposo festivo. La politica estera del Governo Giolitti fu caratterizzata dalla conferma formale della "Triplice Alleanza" e dalla guerra italo-turca per la Libia (1911-1912). La riforma istituzionale giolittiana di maggior rilievo fu la concessione del suffragio universale maschile avvenuta nel 30 giugno del 1912. Giolitti stipulò con alcune organizzazioni cattoliche un accordo elettorale chiamato "Patto Gentiloni" per neutralizzare il pericolo di una affermazione socialista resa possibile dalle mutate condizioni di voto. Questa manovra gli garantì il successo, ma suscitò polemiche all'interno del suo schieramento liberale, provocando la caduta del suo governo. Durante la prima guerra mondiale, Giolitti rimase ai margini della scena politica assumendo una posizione neutrale. Nel dopoguerra tornò alla presidenza del consiglio, sottovalutando però il movimento fascista, credendo di poterne smorzare successivamente la carica eversiva. Dopo l'ascesa al potere di Benito Mussolini, Giolitti tenne una posizione ambigua e solo dopo l'assassinio di Matteotti passò all'opposizione. Giolitti morì il 17 luglio del 1928 nella sua villa a Cavour.