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Matrimonio all'italiana: recensione del famoso film di Vittorio De Sica

“ ….Dummì, lo sai quando si piange? Quando si conosce il bene e non si può avere. E io bene non ne conosco: la soddisfazione di piangere non l'ho mai potuta avere…” (Filumena rivolta a Domenico)

Le intenzioni e la trama

Matrimonio all’italiana é un film che nasce dalla commedia di Edoardo De Filippo “Filumena Marturano” e ne è praticamente la sua trasposizione cinematografica. De Sica riuscì a farne un vero e proprio film, contrariamente all’esperimento voluto da De Filippo che nel 1951 ne aveva già fatta una trasposizione, rimasta tuttavia ancorata ai modi del teatro, diventandone così una sorta di illustrazione filmata. L’intento di De Sica era quello di cogliere le passioni napoletane e tutto quanto di realisticamente intenso apparteneva a quel microcosmo umano per renderlo universale commedia della vita. I canoni della drammatizzazione napoletana vengono dunque utilizzati per accentuare il realismo della vicenda che, già nel titolo, vede espressa la volontà di divenire un simbolo che va ben oltre le porte della città. La trama narra di una prostituta, Filumena (Sofia Loren), che, divenuta amante di un cliente, Domenico Soriano (Marcello Mastroianni), va ad abitare in casa sua occupandosi della madre di lui, ma ricevendo in cambio disprezzo e incomprensione. Fingendosi gravemente malata Filumena riesce a farsi sposare da Domenico, rivelandogli poi che è madre di tre figli, dei quali uno avuto da lui. Non gli svelerà quale è suo figlio inducendolo così ad accettarli e ad affezionarsi a tutti.

I ruoli in commedia

“…Com'è cambiato il mondo, e com'è sempre uguale! Case, palazzi, grattacieli, e in mezzo un dramma vecchio come il nostro…”. In questa frase di Domenico si sintetizza il finale della vicenda che se anche lo si può definire lieto, arriva con il suo fardello di vita passata tra disillusioni, falsi comportamenti e dolori che sono scritti ancora prima di essere nati. L’ineluttabilità del destino che fa della miseria una nemica che può apparire ora sotto la veste dell’indigenza, ora sotto le mentite spoglie dell’indifferenza. Così tra Filumena e Domenico tanta è ancora la passione quanto poco è stato l’amore. Una passione capace di indurre i sentimenti più belli come i peggiori. Così Filumena, dopo anni di disprezzo, farà esplodere il proprio risentimento rovesciando le parti in commedia. Darà a Domenico una lezione di vita, quando, nel fargli vedere la banconota da lui pagatale quando fu concepito suo figlio, esclama: “…I figli non si pagano… Li devi amare tutti e tre nella stessa misura…”, riscattandosi così dalla sua posizione di prostituta, divenendo madre e cercando di far maturare l’ingrato Domenico che, seppure a denti stretti, nell’accettare la triplice paternità, troverà pace anche per la sua coscienza. Filumena potrà così concedersi quel pianto cercato da sempre.

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