Non ti muovere, recensione del film
Il film di Castelletto “Non ti muovere”, nato dall’omonimo romanzo sembra trovare nella frase del protagonista “…chi ti ama c’è sempre …” la spiegazione di un finale che lascia un poco sconcertati dopo una vicenda che trasuda realtà crudezza, passione, dolore.
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Cenni sulla vicenda
La figlia del protagonista, Timoteo, chirurgo, viene trasportata d’urgenza all’ospedale; il padre non vuole nemmeno assistere all’operazione. Durante l’attesa scorge, crede di scorgere, da una finestra Italia (Penelope Cruz), una donna con la quale aveva avuto un violento quanto passionale rapporto circa dieci anni prima, pur essendo sposato. Un rapporto nel quale si sentiva sempre più a suo agio e che, per contro, lo metteva sempre più a disagio con la moglie, Elsa (Claudia Gerini), con la quale non riusciva più a condividere l’apparente leggerezza di quella sorta di “borghese perfezione” leitmotiv del loro matrimonio.
La vicenda precipita quando Italia rimane incinta e così anche Elsa. Italia finirà per abortire clandestinamente, aborto che poi la condurrà alla morte nonostante sia proprio Timoteo che in extremis tenterà di salvarla, dopo che era andato via con lei, avendo scoperto che la passione era in realtà amore profondo: “…la amo, [...] come non ho mai amato nessuno. La amo come un mendicante,come un lupo,come un ramo di ortica. La amo come un taglio nel vetro. La amo perché non amo che lei …”.
Castellitto attore e regista maturo
Le parole di Vasco Rossi che escono per pochi secondi dal walkman della figlia di Timoteo, “..Voglio trovare un senso/un senso a questa storia/anche se questa storia un senso non ce l’ha...”, spiegano buona parte delle passioni che muovono il film. Passioni che emergono dall’istinto, di fronte al quale nessuna educata osservanza più o meno borghese può resistere. Come per il nostro protagonista. Ma sono le donne forse le vere protagoniste di questa vicenda. In parte recuperando toni da neorealismo pasoliniano con la figura di Italia, donna di borgata ma tenace come solo le difficoltà sanno forgiare, in parte con la figura di Elsa che invece riesce a mantenere la sua borghese dignità in ogni occasione, manifestando una coerenza non meno priva di forza e determinazione. Il finale, lascia un poco perplessi. La crudezza delle vicende rivissute ci avevano preparati ad un altro monito circa la durezza della vita. Al contrario, la figlia è salva e dalla finestra Italia non si vede più, come un angelo rimasto a vegliare affinché non si aggiungesse altro dolore, tanto che Timoteo con certezza affermerà: “…io non so dove vanno le persone che muoiono, ma so dove rimangono…”. Un alone di buonismo troppo scontato che ci allontana bruscamente dai toni crudi ma veri di una storia egregiamente interpretata dai protagonisti.