Come si misura l'audience di un programma TV
La platea di un programma televisivo viene misurata dall'Auditel tramite il meter. E da sempre, solleva grandi polemiche.
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La guerra del'audience
La programmazione televisiva sta acquistando un'importanza sempre più rilevante nello scontro inscenato dai network televisivi per assicurasi fette sempre più larghe di audience e, di conseguenza, diventare sempre più accattivanti per quelle società commerciali che intendono promuovere i loro prodotti facendo pubblicità su questo mezzo di comunicazione. La struttura dei programmi forma il cosiddetto palinsesto, il quale è molto spesso direttamente ispirato dal numero di spettatori che guarda un programma, decretandone il successo o la cancellazione. E lo strumento che è deputato al calcolo della platea di un programma, detta comunemente audience, è il meter.
Il meter
Il meter è un contatore elettronico che viene applicato ai televisori di un campione rappresentativo della popolazione nazionale (panel) e che, ad oggi, è composto da 5.100 famiglie, per un totale di 9.500 apparecchi televisivi. La società che gestisce questa operazione è l’Auditel, nata nel 1984 da un accordo tra RAI, Fininvest e UPA. Ogni singolo meter, viene applicato a un singolo televisore, rilevandone i dati di ascolto, quando è stato messo in funzione, quali canali sono stati visti, il tempo di visione e altri dati che concorrono a formare una statistica che viene comunemente accettata come se fosse un campione in grado di rappresentare l’intera popolazione del nostro paese. Le polemiche che accompagnano questa operazione sono sempre state molte. In effetti, quando si dice che un programma ha avuto il 10% di share, cioè di ascoltatori, si riferisce quel dato ai 5.100 apparecchi televisivi di cui stiamo parlando. Ciò vuol dire che scremando quel dato e ponendo che solo un componente a famiglia abbia visto quel programma, la platea reale accertata ammonta a 510 persone. Eppure, il dato viene trasferito al numero reale di persone che possiedono un televisore, cioè ai milioni e milioni di abbonati alla RAI, che sono il numero vero di televisori presenti sul territorio nazionale (fatti salvi coloro che non pagano il canone) e diventa una convenzione accettata dalle associazioni che raggruppano le imprese e fanno da collegamento con i network televisivi. Se si pensa che un programma, costato magari risorse finanziarie e passione per produrlo, può essere cancellato da un giorno all’altro solo perché l’Auditel ne ha decretato l’insuccesso basandosi su un campione che non garantisce certo rigore da un punto di vista della attendibilità, si capisce come queste polemiche siano tutt’altro che campate per aria.