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Cyrano de Bergerac, recensione del libro

Rappresentato in teatro la prima volta nel 1897, il “Cyrano” è rimasta un’opera di grande successo, sia per il drammatico amore di cui narra, sia per l’attualità dei suoi temi, sia per la mirabile prosa.

Perché Cyrano?

La scelta di Edmond Rostand di indagare sulla figura di Savinien de Cyrano de Bergerac, scrittore francese di inizio ‘600, nonché spadaccino, sembra dettata dalla volontà di riscoprire il valore vero di certi sentimenti tra i quali, l’amore.
Il pretesto viene dato dalla vita del Bergerac, inizialmente improntata ad una grande vitalità spesa in amore e in guerra e poi, causa un incidente di percorso (il “mal francese”) costretto ad affidare la sua energia verso lo studio e la scrittura.
Divenne anche eclettico scrittore, considerato un progenitore del genere fantascientifico, oltre che valente cantore d’amore.
La parola quale unico strumento per esternare il sentimento sarà il vero protagonista del romanzo, parola di cui il cartaceo Cyrano sarà un valente utilizzatore, anch’egli afflitto – ahimé – da caratteri fisici che lo rendevano tutt’altro che attraente, causa uno spropositato nasone.

L’attualità

Il recupero di una dimensione più ideale del sentimento, più fondato sulla bellezza interiore che non su temporanee bellezze fisiche, può essere considerato la chiave di lettura più attuale della pièce.
Quanto, anche oggi, tale sentimento viene equivocato dal richiamo per beltà palestrate, richiami sexy o per altre terrene fortune che ben poco poi, talvolta, hanno a che vedere con il significato stesso del sentimento?
Ma la riflessione sul sentimento che rischia di ritorcersi su Rostand se Cyrano non adottasse l'ironia come medicina e alla fine la morte non colpisse sia lui che Cristian. Entrambi infatti potranno alimentare l’amore solo completandosi a vicenda, realizzando così quella perfettibile idea di “individuo da amare” che offre insieme alle fisiche attrazioni, bellezza e profondità d’animo.
Rossana, oggetto dell’amore dei due “complici forzati”, incarna invece quell’ideale romantico che attribuisce alla donna la facoltà di essere oggetto d'amore e che alla fine, con la morte dei due e la scoperta della verità, piangerà doppiamente per quanto il destino le ha rubato, lasciando alla vita conventuale il compito di fornire tempo e luogo adatto alla riflessione insieme alle ultime parole di Cyrano, fedele fino all’ultimo respiro: “…Io me ne vo... Scusate: non può essa aspettarmi. Il raggio della luna, ecco, viene a chiamarmi…”.
Contrariamente al suo antenato omonimo, Cyrano, consegna alla poesia, all’ironia edalla fedeltà, il sentire di un uomo che, come in fondo si definirà: “…in vita sua fu tutto e non fu niente!...” . Molte le trasposizioni dell’opera in teatro ed al cinema, con letture che talvolta indugiano sulla caricatura di Cyrano per snellire la pesantezza del dramma.

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