Elizabeth von Arnim: biografia e bibliografia
"È il giardino il posto in cui vado a cercare rifugio e riparo, non la casa; là fuori i doni del cielo mi si affollano intorno a ogni passo; è là che mi rammarico della cattiveria che c'è in me, di quei pensieri egoisti che sono molto peggiori di quanto sembri; è là che tutti i miei peccati e le mie stupidaggini sono perdonate, là che mi sento protetta e a mio agio, e ogni fiore, ogni erba è un amico e ogni albero è un amante".
La vita
Nata vicino a Sidney il 31 agosto 1866 in una famiglia di agiati coloni, ebbe la possibilità di effettuare con il padre numerosi viaggi, tra i quali uno in Italia durante il quale conobbe il futuro consorte, il conte August von Arnim. Il matrimonio fu forse frettoloso; nacquero cinque figli, ma anche molteplici avversità tra le quali una crescente incompatibilità caratteriale con il marito e difficoltà economiche dovute ad una vicenda giudiziaria che lo portò in carcere. Fu nel 1899 che Elizabeth trovò l’ispirazione per la sua prima pubblicazione. Il successo fu immediato ed a breve uscirono altre opere nelle quali userò ora lo pseudonimo di Mary Annette Beauchamp, ora quello di Alice Cholmondeley. Rimasta vedova nel 1910, dopo essersi trasferita a Londra tentò la strada di un secondo matrimonio che, tuttavia, non le portò maggior fortuna, naufragando dopo pochi anni. Morì negli Stati Uniti ove nel frattempo si era trasferita, nel 1941.
La produzione letteraria
Dal primo volume autobiografico, “Il giardino di Elizabeth” i cui toni fortemente intimisti risentivano del pessimo andamento del matrimonio, non si discosteranno molto i due successivi, “Un’estate da sola” del 1899 e “The Benefactress” del 1902 (si riportano qui alcuni titoli in lingua originale un quanto non risultano tradotti in italiano). Da essi inizia a trapelare un percorso letterario che lentamente trasformerà i disagi della propria condizione personale nei disagi della condizione della donna in una società dove ancora ben scarsi erano i diritti riconosciuti. Tale tema verrà poi ripreso con estrema chiarezza e tenacia nel 1922 con “Un incantevole aprile”. Nel frattempo, oltre a “Priscilla runs Away “ del 1910 che fu anche un buon successo teatrale, nel 1917 pubblicò “Christine” (dedicato alla figlia scomparsa l’anno prima in Germania) che fu considerato un romanzo anti-tedesco trovando così giustificazione per il suo utilizzo degli pseudonimi. Seguirono tra gli anni ’20 e ’30 altri romanzi più o meno influenzati dalle sue successive relazioni che si sarebbero poi rivelate del tutto fallimentari al punto che, la sua ultima opera, del 1936, quasi un testamento sui sentimenti a lei più vicini, si intitola “I cani della mia vita”, con evidente intento ironico e provocatorio.