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Caravaggio, il massimo interprete della natura morta

Massimo interprete di un nuovo modo di concepire il rapporto con il reale, il Caravaggio usa la natura morta in via sperimentale. Vediamo come.

Cenni biografici

Di animo acceso e spirito vivace, Michelangelo Merisi vive un’esistenza breve, ma intensa, sfumata tra povertà, grande fama ed eccessi, resa magnifica dall’opera imprescindibile dell’artista. Nato nel 1571 da una famiglia proveniente da Caravaggio, trascorre gli anni della sua formazione iniziale a Milano dove recepisce le influenze della scuola veneta – il primo contratto di apprendistato viene stipulato presso la bottega di Simone Peterzano – e della scuola lombarda.

Natura morta

Tradizionalmente sottovalutate rispetto alle opere di figura, le pitture floreali o i soggetti di frutta, nella fase giovanile di attività dell’artista, costituiscono l’espressione maggiormente evidente della novità di cui il Caravaggio fu artefice. La reazione al Manierismo di fine Cinquecento riporta l’artista a una rinnovata attenzione per il reale; tale attenzione non costituisce tuttavia un vero e proprio discrimine rispetto al passato. In un famoso commento del Bacco degli Uffizi di Firenze, il critico d’arte Cesare Brandi sosteneva che la grande novità messa in opera dall’artista consisteva nella modalità di resa del reale: pur partendo dalla percezione, dall’osservazione della natura, Merisi non dipingeva la natura senza filtro, la selezione delle qualità di oggetti e soggetti avveniva in un passaggio antecedente alla pittura in sé, rappresentato da particolari accorgimenti come l’illuminazione o la riflessione nello specchio. La preminenza della forma sulla natura rimane, pertanto, indiscussa.

La Canestra di frutta

Opera conservata alla Pinacoteca Ambrosiana, dipinta tra il 1597 e il 1598, è certamente il dipinto più famoso tra le opere a soggetto naturalistico e risale al periodo di apprendistato romano. Appartenuto e donato al Cardinale Federico Borromeo, la Canestra di frutta ha mantenuto indiscussa nei secoli la sua notorietà proprio in virtù di tale appartenenza illustre. La grande naturalezza del cesto, dei frutti buoni e bacati, delle foglie, in una pienezza di colori e di forme, lascia il posto a un’assenza di sfondo, che concentra l’attenzione dell’osservatore sul primo piano; l’inquadratura è decentrata e la canestra risulta posata sull’orlo del tavolo. Tutte caratteristiche indicative di una pittura dal reale ma non del reale. A partire da Caravaggio, in definitiva, l’importanza del genere (la natura morta) subisce una considerevole svolta: il soggetto dell’opera non ne esaurisce il pregio, che dipende invece dalla fattura e dalla modalità di resa dell’oggetto

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