Cody McFadyen, scrittore americano
Un autore emergente, le cui qualità devono ancora emergere. Percorre sentieri conosciuti, come quello del thriller, che cerca di personalizzare con marcati toni psicologici e una dovizia di particolari macabri che fanno scivolare nell’horror.
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La produzione
McFadyen è un autore cosiddetto “emergente”, volendo con ciò indicare quella figura di autore che è apparso sulla scena editoriale da non molti anni, corredato di un buon appoggio della critica e con una produzione serrata nei tempi, ovvero quattro volumi in cinque anni. Non è cinismo questo, ma l’evidenza di atteggiamenti sbagliati, dettati da regole commerciali e pertanto, molto spesso fuorvianti. Certo si può parlare di interesse e il suo scrivere ne desta, si può parlare di temi cari al pubblico e il suo peregrinare tra thriller e horror è senza dubbio un percorso che fa cassetta, ma questo non fa di Cody McFadyen uno scrittore, almeno non ancora. Né credo si possa parlare di letteratura ancora; proclami del tipo “… detesta gli avverbi, tranne quando vengono usati nelle biografie…”, hanno il sapore di operazione di mercato e non di lungimiranza letteraria. Forse, al limite, possono auspicare una ricerca in tal senso, ma per il momento, dalla lettura dei suoi tre primi libri pubblicati in Italia non emergono segnali in tal senso. “L’ombra”, “Gli occhi del buio” e “Io confesso” sono i tre romanzi, mentre il quarto, “Abandoned”, deve ancora uscire. Narrano le vicende di Smoky Barrett, agente FBI alle prese con il serial killer di turno.
Il mestiere di fare letteratura
L’entusiasmo sicuramente in McFadyen è palpabile, come ne è palpabile il risultato che emerge da una narrazione discontinua che procede senza una uniformità né di linguaggio né di tempi, come se riversasse nella penna un - peraltro genuino - coinvolgimento che diviene eccessivo e non sempre arricchisce, ma anzi, spesso, inceppa la lettura. Forse questa è la radice che lo rende interessante sotto il profilo letterario, auspicando che riesca a trovare un ritmo narrante capace di coinvolgere se stesso e il lettore fino alla fine, mantenendo alta l’attenzione secondo le regole del buon thriller, ma che consenta anche alla linearità narrativa di dare spazio alla prosa. Ciò che si auspica è che un repentino successo e apparente riconoscimento, specie della critica, non brucino le tappe in uno scrittore che sta certo crescendo, ma che rischia, ingannato dai falsi ori iniziali, di interrompere lo sforzo della crescita a vantaggio di effimeri risultati. E di questo il pubblico in parte si è già accorto. Basta raccogliere i pareri di chi lo ha seguito e verificare nella discordanza aperta tra gli stessi, proprio quel rischio di mistificazione che può farne in breve tempo l’ennesima buona speranza delusa e deludente, l’ennesima meteora del mondo editoriale.