"Lennon Legend: The Very Best of John Lennon": recensione
John Lennon è ancora oggi considerato una leggenda, a distanza di tanti anni dalla sua morte.
Una leggenda del rock
John Lennon, ancora oggi, a distanza di tanti anni da quel maledetto 8 dicembre del 1980 in cui Mark Chapman pose fine alla sua vita, è considerato una leggenda. Costruita nei sette anni di attività ufficiale coi Beatles e nei dieci di lavoro da solo che lo aveva portato a sfornare altre perle che rimarranno per sempre nella storia della musica rock. E che sono state pregevolmente riassunte nell’album “Lennon Legend: The Very Best of John Lennon”, edito postumo nel 2003.
Recensione dell'album
L’album, si apre con quello che è considerato il capolavoro di John Lennon, “Immagine”, scritto nel 1971 e inserito nel primo lavoro susseguente allo scioglimento dei Fab Four, prodotto da Phil Spector nel 1971. È considerato uno dei pezzi più belli mai scritti e pur letto di solito in chiave pacifista, Lennon ammise che andrebbe inteso come una sorta di nuovo Manifesto del Partito Comunista. Segue “Instant Karma”, nel quale Lennon offre il meglio di sé come cantante. La terza traccia è “Mother”, grido di dolore rivolto dall’ex Beatle alla madre, uccisa quando lui aveva diciassette anni da un poliziotto ubriaco fuori servizio. Arriva quindi un altro brano da brivido, “Jealous Guy”, anche esso tratto dal primo album, una richiesta di perdono verso tutto il genere femminile. “Power to the People” è invece il classico canto di protesta, un episodio trascurabile se non avesse valenza politica. E episodi minori sono anche la successive “Cold Turkey”, che era stato uno dei motivi della divisione dei Beatles, che non avevano voluto inciderla, e “Love”. L’album riprende però quota con “Mind Games”, pezzo del 1973, proseguendo con “Whatever Gets You Thru the Night” e “#9 Dream”, che introducono ad un altro pezzo da leggenda, “Stand By Me”, il famoso brano di Ben E. King, ripreso magnificamente nel 1975. E’ quindi il turno di “(Just Like) Starting Over”, il pezzo che poche settimane prima della morte, aveva segnato il ritorno sulle scene, seguito da “Mother”, brano introdotto da una famosa citazione di Mao. “Beautiful Boy (Darling Boy)”, “Watching the Wheels”, “Nobody Told Me” e “Borrowed Time”, scorrono poi piacevolmente in attesa del gran finale, che si apre sulle note di “Working Class Hero”, prosegue con “Happy Xmas (War is Over)” e termina con “Give Peace a Chance”, l’inno pacifista forse più famoso di ogni epoca, scritto da Lennon durante la luna di miele. Che è la conclusione più adatta per un’antologia che fornisce l’esatta misura di un artista dalle molte sfaccettature e che ha dato ampia prova della sua bravura in una carriera, purtroppo, non lunghissima.