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David Copperfield (2009), recensione

David Copperfield è una storia che può, ancora oggi, offrire la possibilità di riscoprire degli ideali. Una storia che diviene attuale allorché si prende coscienza che è passato il tempo ma non necessariamente è cambiato l’uomo.

La vicenda

Tratto dall’omonimo romanzo di Charles Dickens, da molti considerato pieno di riferimenti autobiografici, David Copperfield è la storia di un ragazzo, vissuto durante la Rivoluzione Industriale in Inghilterra. Morto il padre prima della sua nascita, David cresce insieme alla madre che poi si risposerà con Mr. Murdstone, personaggio insensibile, al punto che insisterà per mettere David in collegio. Qui il ragazzo fa le sue prime amicizie ma, al rientro a casa, troverà la madre in pessime condizioni tanto che morirà in breve tempo. Inviato forzatamente al lavoro in fabbrica, David decide di scappare per raggiungere a Dover la zia Betsey. Qui frequenterà la scuola, si diplomerà e inizierà a lavorare presso lo studio legale Spenlow. A Canterbury conoscerà Agnes, che inizialmente non considererà niente più che un’amica, preferendole Dora, la figlia di Spenlow, che sposerà.
Dora purtroppo morirà pochi anni dopo e David troverà in Agnes un caloroso conforto e inizierà a vederla con occhi diversi.
Purtroppo Agnes piace molto anche a Uriah Heep che tenterà di mandare in rovina lo studio Spenlow pur di poterla avere per sé. Ma stavolta il destino è dalla parte di David. Smascherato Uriah, riuscirà finalmente a trovare pace e l’amore di Agnes.

Il film

Il film, girato in buona parte in Cecoslovacchia dove è stato possibile ritrovare ambientazioni idonee al periodo storico narrato nel romanzo, è una trasposizione molto fedele del libro. Il grande affresco popolare della vita di fabbrica, della nascente borghesia e delle miserie che s’intrecciavano in quella metà ottocento in Inghilterra sono rappresentate con viva lucidità e ricchezza di particolari. I personaggi stessi, oltre a conservare apertamente le caratteristiche volute da Dickens, contribuiscono nei loro tratti, a volte anche caricaturali, a divenire simbolo di quella babele sociale che cercava di vivere ma, più che altro, di sopravvivere, fra espedienti ai limiti della legalità e dell’etica.
La produzione, interamente italiana, aveva un precedente David in tv al quale render conto, ovvero l’edizione del 1965 interpretata da uno splendido Giancarlo Giannini, che rimase memorabile. Giorgio Pasotti, il David di questa edizione non è stato da meno, coadiuvato da Gianmarco Tognazzi che rende il personaggio “cattivo” di Uriah Heep una personificazione della viscidità umana, un rappresentante di quel mondo di ossequiosi ipocriti che spesso contornavano i benestanti, cercando con ogni mezzo, subdolo e strisciante, di carpirne favori e denaro. Intensa e dolce Maya Sansa nella parte di Agnes, così come Chiara Conti nella parte della madre di David.

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