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Il diario di Anna Franck, recensione del film

Capolavoro cinematografico uscito nel 1959 e tratto dall'omonimo libro, Il diario di Anna Frank rappresenta oggi una forte testimonianza delle terribili vicende legate alla Shoah.

Come topi in una soffitta

Quando il nazismo prende il soppravvento e ad Amsterdam non si respira altro che aria di terrore, la famiglia ebrea Frank è costretta a nascondersi sulla soffitta di una fabbrica di spezie. In troppi a vivere in un piccolo spazio, la tredicenne Anna con la sorella Margot, sua madre e suo padre Otto, a cui si aggiungono poi i coniugi Van Daan col figlio Peter e il signor Dussel. Difficile convivere in maniera forzata, trovandosi di fronte all'impossibilità di ritagliarsi spazi propri e riuscire anche solo ad immaginare cosa c'è fuori da quel carcere.
Le scene proseguono lente, con quell'immobilità che rende impercettibile il trascorrere del tempo, guidate da una musica di sottofondo che ha quasi il ruolo di accompagnare un racconto che sembrerebbe concludersi con un lieto fine. Ma ad ogni piccolo rumore e ad ogni sirena ritorna terrorizzante la paura di essere braccati dalla Gestapo. Due lunghi anni trascorsi così portano all'esasperazione e alla reciproca intolleranza. È qui che la natura umana perde il suo volto per lasciare spazio ad un istinto di sopravvivenza animale.

Anna

Lei è l'autrice del diario. Molte scene vengono accompagnate dalla lettura delle sue pagine. Scrivere è il miglior modo per trascorrere il tempo, e l'unica maniera per realizzare il suo sogno di diventare scrittrice.
Un racconto ingenuo e allo stesso tempo maturo. Alle difficoltà e alle angustie di vivere nella paura perenne in un posto troppo stretto per tutti, si alternano i racconti di un'adolescente. In certe circostanze l'età sembra non contare più ma Anna riesce ad impedire al Nazismo di rubarle anche i suoi sogni e problemi da adolescente. È così che racconta del complesso rapporto con la madre, della difficoltà di accettare le opinioni degli adulti e del suo amore per Peter. Grazie al suo carattere allegro, forse legato alla mancanza di una vera consapevolezza, riesce a far vivere quasi dei momenti di felicità a quella che alla fine sembra una famiglia allargata. Questo riuscirà a farla sopravvivere anche dopo la sua morte nei campi di concentramento.

La fondamentale bontà dell'uomo

Solo gli occhi di una speciale tredicenne riescono a vedere oltre. Chi lotta per liberarli, le visite quotidiane di Kraler e Miep Gies, lo sbarco in Normandia, il mondo al di là della soffitta, i gabbiani, i fiori, i fiumi, la gente per bene, nonostante tutto ecco è il meglio della vita. Quello che vede Anna è solo un periodo di transizione per la razza umana. In ogni caso al di là delle mura c'è la speranza della vita.

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