Il responsabile delle risorse umane - Film (2010), recensione e scheda
Film recentissimo, ispirato all’omonimo romanzo di Abraham B. Yehoshua, in Italia pubblicato da Einaudi, “Il responsabile delle risorse umane”, (titolo originale “The human resources manager”), approda nelle sale cinematografiche il 3 dicembre del 2010.
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Scheda e trama del film
La produzione, che porta la firma in regia di Eran Riklis, uno tra i più apprezzati registi israeliani contemporanei, ha una durata di 103 minuti e rientra nel genere drammatico. Tra gli interpreti ricordiamo Mark Ivanir, Guri Alfi, Noah Silver, Rozina Cambos, Julian Negulesco. La vicenda prende il via in seguito a un attentato di stampo terroristico nel cuore di Gerusalemme, al seguito del quale rimane vittima una giovane donna, sprovvista di documenti. Per oltre una settimana, nessuno si presenta in obitorio per rivendicare il cadavere della ragazza, della quale si riescono a recuperare solo frammentarie informazioni. Tra queste, il nome, Yulia, e la certezza che la vittima era stata da poco assunta in un’azienda locale che per tutto quel tempo non ne aveva neanche notato l’assenza. Non si fa attendere la voce dei media che si scagliano senza mezzi termini contro la fabbrica in questione accusandola di inumanità. Questo è il momento in cui entra in scena il responsabile delle risorse umane che, nel disperato tentativo di recuperare il rispetto dell’opinione pubblica, si offre di partire alla ricerca dei familiari di Yulia.
Recensione
Due i temi caldi del film. Innanzitutto il lavoro. Riklis infatti consegna al pubblico personaggi per lo più senza nome, identificati solo in virtù del ruolo rivestito in società. In particolare, il protagonista è un responsabile delle risorse umane, incarico che, oltre a conferirgli un alto grado di responsabilità, lo rende figura chiave per la gestione oculata di tutto il personale ma che nasconde un sottile paradosso di fondo. Per riuscire bene nel proprio lavoro infatti il protagonista sa di dover evitare i coinvolgimenti emotivi coi dipendenti, aspetto questo che di “umano” ha decisamente ben poco. Da questo ironico presupposto, si tesse la trama dell’altro tema fondamentale: il viaggio. Il protagonista infatti, partendo alla volta della Russia, si ritroverà a dover fare i conti con se stesso, a compiere un percorso esistenziale alla ricerca di sé, con il ruolo ricoperto all’interno dell’azienda e della società ma soprattutto a misurare la profondità del suo lato umano, troppo spesso messo a tacere, quando non dimenticato del tutto. In definitiva, quindi, un ottimo film, ironicamente serio, sufficientemente vivace, ben congegnato, intelligente e ricco di significativi spunti di riflessione.