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La distinzione tra filosofia negativa e positiva di Friedrich Wilhelm Joseph Schelling

Friedrich Wilhelm Joseph Schelling, sommo esponente del Romanticismo filosofico, formulò la distinzione della filosofia positiva da quella negativa, nell'ultima fase del suo pensiero.

La critica ad Hegel e l'interesse religioso come presupposti della "filosofia positiva"

Dopo il periodo teosofico e della filosofia della libertà, iniziò per Friedrich Schelling una lunga e volontaria assenza dalla scena filosofica, dettata dal trionfo accademico del panlogismo hegeliano, che identificava il pensiero con l'essere, la Ragione con la realtà, proponendo un organico e definitivo sistema della conoscenza.
Schelling, che aveva fondato la sua dottrina sull'Assoluto (Dio come unità di spirito e materia), non considerò mai tale principio delle cose come condizione della perfetta identificazione di reale e razionale; bensì come condizione della loro indifferenza (partecipano del medesimo principio) e del loro reciproco richiamarsi (la materia richiama sempre il pensiero e viceversa, dunque non esiste né un puro pensiero né una pura materia). Invece, l'identità di razionale e reale formulata da Hegel dissolveva ogni distinzione e alla fine si rivelava una riduzione della realtà
a mere astrazioni concettuali.
Inoltre, la marcata dimensione religiosa del pensiero maturo di Schelling (filosofo in questa fase del Dio diveniente, vivente e reale) era in netto contrasto con la pretesa hegeliana di ridurre il Dio incarnato del Cristianesimo a una mera figura del processo della Ragione universale.
Dopo la morte di Hegel, vittima probabilmente dell'epidemia di colera che colpì Berlino nel 1831, Schelling ritornò all'attività filosofica sulla base d'una dura critica all'hegelismo e di un forte interesse religioso, le cui rispettive ragioni sono state sopra ricordate.

Filosofia negativa e filosofia positiva

L'ultimo Schelling elaborò la distinzione della filosofia positiva dalla filosofia negativa.
La seconda si limita a considerare la possibilità logico-razionale delle cose, ovvero le condizioni della conoscenza razionale, della pensabilità degli oggetti, risultando infruttuosa, "negativa" per la determinazione della loro realtà, della loro esistenza effettiva (vi è uno scarto tra un gatto concettualizzato, pensato e un gatto esistente). Essa dunque concerne solamente il quid sit, il che cosa è una cosa. È il caso del pensiero hegeliano, che si risolve, secondo Schelling, in una mera costruzione razionale, concettuale del mondo.
La filosofia positiva, invece, coglie la realtà effettiva delle cose, il quod sit, manifestando una conoscenza piena, "positiva" di esse.
Ora, essendo l'esistenza delle cose il frutto d'una libera e impensabile volontà divina, tale filosofia positiva si presenta come una constatazione del manifestarsi nel mondo del volere divino. In virtù della duplice forma della manifestazione divina, la filosofia positiva si distingue, come testimoniano i titoli di due opere schellinghiane, in Filosofia della mitologia (che studia Dio come natura e necessità) e in Filosofia della rivelazione (che considera Dio come libera personalità).

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