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Le riflessioni di Freud Sigmund sulla guerra

Sigmund Freud, re della psicanalisi, raccoglie le sue considerazioni sulla guerra in una delle sue opere datata 1915 "Considerazioni sulla guerra e sulla morte".

Il pensiero di Freud

L'analista ha sempre mostrato un forte disorientamento nei confronti della guerra e all'origine dei conflitti sta, secondo Freud, una serie di pulsioni che non sono nè positive nè negative, ma che comunque necessitano di essere soddisfatte.
Nonostante la civiltà abbia mosso numerosi passi in avanti e sia progredita, il male è sempre presente nel genere umano indipendentemente dall'ambiente e dall'educazione.
Alla base della guerra vi è quindi un'involuzione: l'involuzione della civiltà che cede alle pulsioni.
Nel caso di un conflitto bellico l'uomo subisce quello che l'analista definisce un vero e proprio imbarbarimento, questa condizione è però solamente transitoria in quanto in condizioni di pace la stessa persona, in preda alle pulsioni, tornerà affabile come è sempre stata.
Nella sua visione psicanalitica la guerra è dunque da condannare poiché genera orrori e inutili sofferenze, oltre a provocare una sorta di obnubilamento del sensorio di quelle persone un tempo giudicate in modo del tutto positivo dalla società, ora in preda ad una eccitazione emotiva provocata proprio dal conflitto.
Le pulsioni di cui sono vittime gli uomini sono paragonabili ad istinti primitivi che la guerra riporta alla luce, ma i motivi che spingono i popoli ad odiarsi, spiega lo psicanalista, rimangono un mistero.
Il pensiero di Freud circa la guerra può essere riassunto in una semplice frase: "Se la civiltà è progresso la guerra è regresso".

Carteggio tra Einstein e Freud

Il fisico e lo psicanalista si scambiarono alcune missive in cui esponevano le loro riflessioni sulla guerra. Nella sua lettera Einstein chiede a Freud se possa esistere un modo per liberare l'uomo dalla guerra, fardello dell'umanità e si definisce immune al patriottismo e a qualsiasi sentimento nazionalistico. Egli ritiene che alla base del conflitto vi sia uno smodato desiderio di potere, che prosegue di pari passo con coloro i quali tentano solamente di trarre vantaggi economici in ogni occasione. Si domanda inoltre come possa una minoranza convincere il popolo che la guerra sia un fatto positivo e ipotizza che lo Stato, avendo a disposizione la stampa, l'educazione e le organizzazioni religiose, possa sviare e strumentalizzare i sentimenti umani.
Freud risponde elaborando una serie di riflessioni sulla violenza e sul rispetto delle leggi, concludendo che la guerra potrebbe riuscire a creare vaste unificazioni, ma non vi riesce perché ottiene successi non duraturi. All’interno di queste unificazioni sorgono ulteriori conflitti che generano ricorso alla violenza, quindi gli sforzi bellici hanno prodotto come unico risultato la sostituzione di piccoli conflitti con conflitti su scala mondiale, meno frequenti ma più devastanti.

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