Red Road: recensione del film diretto da Andrea Arnold
Il difficile percorso attraverso il dolore.
Red Road. La trama
Red Road, film di Andrea Arnold (2007), prodotto da Zentropa di Lars von Tier, rientra in un più ampio progetto composto di tre pellicole unite dai personaggi e dai luoghi. Il film è ambientato a Glasgow in Scozia. All'interno di una centro di sorveglianza, le telecamere, che abbondano nel nostro mondo ipertecnologico, sono manovrate da esseri umani che osservano la vita che si svolge fuori dalla loro stanza. Tra gli agenti, vi è Jackie. La telecamera a mano indugia su di lei di cui sappiamo molto poco. Un giorno, osservando, tra un sbadiglio e l'altro, le immagini proiettate dalle telecamere sugli schermi, la donna nota un uomo che sembra attirare la sua attenzione. La protagonista, prima apatica, si risveglia e comincia a pedinare l'uomo, prima con le tecnologie che ha a disposizione poi in modo attivo. La verità viene fuori. Anni prima, Clyde, guidando ubriaco, ha investito, alla fermata dell'autobus, il marito della donna e la loro piccola bambina. La protagonista sta architettando una trappola per rimandarlo in carcere. Dopo aver avuto un rapporto sessuale con lui, Jackie, con una pietra, si colpisce al volto per simulare un'aggressiose sessuale. Ma l'uomo ha una figlia, perduta da tempo, che va a cercarlo. Sarà la vista della ragazza a far riflettere la donna sul suo comportamento. Nella vita, tutti, forse, abbiamo diritto ad un'altra chance. Jackie ritira la denuncia e, dopo aver fatto i conti con il passato, comprende che è ora di ricominciare a vivere.
Red Road. Recensione
È notevole la capacità della regista di raccontare l'enorme buco nero in cui è stata inghiottita Jackie al momento della morte di suo marito e della figlia. La casa è sporca e trascurata. Ma, un tempo, non doveva essere così. La cinepresa indugia su tanti piccoli particolari (foto, pupazzi, strumenti musicali) che ci fanno intuire che quella donna, triste e apatica, doveva essere molto diversa. In un'altra scena, molto intima e coinvolgente per lo spettatore, la protagonista costruisce, con i vestiti della figlia, un fantoccio e lo stringe per sentirne l'odore. Noi "sentiamo", non solo vediamo, il profondo strazio di chi, ogni giorno, deve recitare per vivere, ma, in realtà, è come anastetizzato. Anche la scena del rapporto sessuale con Clyde è girata in un modo intimo per rendere complice, fino in fondo, lo spettatore di quella vendetta. Il senso di disagio e di malessere, comunicato dalle immagini, è profondo e veramente disturbante. La starordinaria abilità della regista sta nell'aver saputo trasmettere, attraverso immagini sporche e sfocate, il difficile percorso di dolore psicologico e fisico della protagonista guariito da una flebile, minuscola speranza.