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La figura della femme fatale nella storia e nella letteratura

Donne inafferrabili, dominatrici, crudeli, bramate e odiate. Donne fatali.

Il mito della femme fatale

Il mito della femme fatale nasce nell'Ottocento. La passione e il potere dominavano il mondo e al centro dei pensieri di ogni uomo importante c'era un'allumeuse. Donne di altri tempi la cui occupazione preferita era sedurre e conquistare. Capricciose, frigide e libertine, alcune di loro non permettevano neppure che le si sfiorasse. Donne capaci di suscitare in chi veniva colto dalla passione sentimenti contraddittori, l'amore e l'odio. Regine del cattivo gusto, erano quasi sempre propense all'esagerazione dei toni, alla volgarità ma il loro linguaggio, estraneo alla cultura popolare, era in grado di raggiungere la folla delle metropoli. La loro condotta destava sempre grandi perplessità in chi le amava. Buone e malvagie, i loro comportamenti erano difficilmente riconducibili alle naturali regole morali. Alcune erano attrici come Sarah Bernhardt, che fece impazzire il mondo, Parigi e Victor Hugo, o come Yvette Guilbert, che amava cantare i bagordi con aria da funerale, una classica icona decadente, magra dalla bocca larga e sottile che riuscì a folgorare Sigmud Freud. Altre come la contessa di Castiglione miravano esclusivamente agli uomini potenti per eccellenza. Amante di Vittorio Emanuele II, fu ingaggiata dal cugino il conte di Cavour per convincere Napoleone III a scendere in guerra al fianco dell'Austria. Ad Alma Mahler, amante di Gustave Klimt, invece non bastavano gli uomini normali, lei voleva i geni.

Il simbolo della letteratura decadente

Dumas nel 1844, alludendo all'amore di D'artagnan per Milady, scriveva: "Quella donna esercitava un potere incredibile su di lui. La odiava e l'adorava nel medesimo tempo, generando un amore strano e in qualche modo diabolico". La femme fatale è il simbolo della letteratura decadente che la dipinge donna perversa, ma dalla grazia infantile, capace di smuovere gli istinti primordiali, irrazionali. Spesso portatrice di morte come la Salomè di Oscar Wilde, la diabolica Carmen di Mèrimèe o la Cleopatra di Gautier che uccide i suoi amanti dopo una notte di passione. Le protagoniste della letteratura ottocentesca rispecchiano la condotta delle loro ispiratrici. La contraddizione e la mancanza di certezze sono i loro escamotage preferiti per mantenere vivo il desiderio e far bruciare i propri amanti nel fuoco di un amore sfuggente, inafferrabile. La Marie di Flaubert si dichiara vergine in quanto non ha ancora conosciuto l'amore mentre in una scena tratta dal "Piacere" di D'Annunzio, quando il conte Sperelli cercherà di strappare una promessa d'amore a Elena Muti lei risponderà: "Forse".

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