Il ladro di bambini, recensione e scheda del film
Il 1992 segna l’anno d’uscita in Italia de Il Ladro di bambini, film della regia dell’ottimo Gianni Amelio che in questa produzione firma anche il soggetto e la sceneggiatura in collaborazione con Sandro Petraglia e Stefano Rulli.
/wedata%2F0024923%2F2011-05%2Frailways-tracks.jpg)
Scheda del film
La pellicola, della durata di 114 minuti, si classifica come genere drammatico e sin da subito incontra un’accoglienza più che positiva sia da parte del pubblico sia da parte delle critica. Non si fanno attendere infatti le numerose nomination ai vari festival del cinema che valgono all’intera troupe l’aggiudicazione dei seguenti premi: miglior film, anno 1992, agli European Film Awards; il Grand Prix Speciale della Giuria, al Festival di Cannes dello stesso anno e ben cinque David di Donatello assegnati, sempre nel 1992, per miglior regista ad Amelio, miglior film, miglior produttore, miglior musicista a Franco Piersanti, miglior montatore a Simona Paggi. Successo ovviamente da condividere anche con gli attori arruolati per la realizzazione del film, nello specifico, Enrico Lo Verso nei panni di un carabiniere e i due bambini protagonisti, interpretati da Valentina Scalici e Giuseppe Ieracitano.
Recensione
Proprio sui bambini, Luciano e Rosetta, rispettivamente nove e undici anni, apre gli occhi la macchina da presa, e sulla loro delicata situazione familiare. Abbandonati dal padre, essi vivono in balia di una madre che non esita a spingere la figlia a prostituirsi per risollevare le sorti economiche della famiglia.
La vicenda, presentata in maniera scarna ed essenziale, prende il via con l’arresto della donna e con l’entrata in scena di Antonio (Lo Verso), il carabiniere incaricato di accompagnare i minori, letteralmente derubati della loro infanzia, in un istituto di Roma. Da Milano dunque comincia il viaggio, tema principe del film, attraverso un’Italia degradata e superficiale, in cui è sempre il più furbo a farsi strada. Strada che per loro, tra peripezie e disavventure, diventa più lunga del previsto e che li porta fino in Sicilia.
Ma il viaggio, man mano che ci si addentra nel cuore della vicenda, comincia a caricarsi anche di valenza metaforica. L’itinerario che i tre percorreranno sarà soprattutto personale, di crescita e sviluppo interiori, tra silenzi prolungati e timidi accenni di apertura carichi di speranza. Il tutto presentato con straordinaria discrezione, con pudore e rispetto dei sentimenti, senza mai una parola di troppo o un gesto non necessario.
Nel complesso dunque, un film schietto, realista ed onesto, che il regista ci porge sotto forma di delicatissima poesia.