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Strage di Piazza Fontana: storia e misteri

I mandanti e gli esecutori di una delle più gravi strage italiane restano senza volto.

La strage

Il 12 dicembre 1969 una bomba esplode nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura di Piazza Fontana a Milano: 17 persone muoiono, più di 80 restano ferite. Le indagini si dirigono subito verso la pista anarchica e diverse autorità fanno riferimento al nesso, ritenuto evidente, tra i conflitti sociali in atto nel paese e le organizzazioni della sinistra estrema. L'anarchico Pietro Pinelli viene trattenuto in questura per quasi tre giorni per effetto di un fermo protrattosi illegalmente: il 15 dicembre, dopo essere stato più volte interrogato dal commisario Luigi Calabresi, Pinelli precipita dal quarto piano della Questura e muore. Poco dopo viene arrestato l'anarchico Pietro Valpreda, additato immediatamente da gran parte degli organi di stampa e dell'opinione pubblica come colpevole. Valpreda resta in carcere per oltre 1000 giorni prima di essere definitivamente assolto nel 1979. Già pochi giorni dopo il suo arresto comincia a emergere però la sensazione che possa trattarsi di un attentato compiuto da ambienti neofascisti o vicini alla destra estrema con un obiettivo destabilizzatore e avverso all'ondata di mobilitazione presente nel paese.

La strategia della tensione

Molti storici concordano sul fatto che il vile attentato sia il punto di avvio della cosiddetta "strategia della tensione", volta a inasprire a tal punto lo scontro sociale da spostare l'opinione pubblica verso destra e da far auspicare governi d'ordine ai limiti della costituzionalità. La possibile connessione fra l'estrema destra e l'attentato è dimostrata anche dall'escalation di episodi di violenza riconducibili a tale ala negli anni immediatamente successivi. Inoltre emergono notizie relative a tentativi sovversivi di stampo fascista, come il golpe tentato da Junio Valerio Borghese, la costituzione della rete della Rosa dei Venti e la pericolosa presenza del MAR. La versione ufficiale sulla strage di Piazza Fontana continua, però, a essere quella che accusa ambienti anarchici e di sinistra, mentre l'opinione pubblica inizia a titubare. Le indagini controcorrente di un gruppo di magistrati, di cui facevano parte Stiz, Alessandrini e D'Ambrosio, porta però nel 1972 all'incriminazione di Franco Freda e Giovanni Ventura, membri dell'organizzazione neofascista Ordine Nuovo. Avvisi di garanzia giungono a membri della Questura e dei servizi segreti, ma una volta assolti da un lato gli anarchici, dall'altro Freda e Ventura, vengono indagati altri neofascisti. Negli anni Novanta gli attentatori sembrano avere finalmente dei volti: Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi e Giancarlo Rognoni: dopo una prima condanna all'ergastolo, vengono tutti assolti in via definitiva.
La strage resta dunque impunita e, a maggior ragione, in gran parte dell'opinione pubblica resta la sensazione che si tratti di una strage di Stato.

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