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La poetica di Giovanni Verga nelle Novelle e nel "Ciclo dei Vinti"

Giovanni Verga, scrittore di origini siciliane di fine Ottocento, è il rappresentate più eminente della corrente letteraria del Verismo.

Il Verismo

Il Verismo, ispirato al Naturalismo Francese, mira alla narrazione realistica, senza retoriche e ornamenti vari della società del tempo, risaltandone soprattutto gli aspetti più crudi e amari che, nella letteratura di Verga, trovano la maggiore espressione nel cosiddetto Ciclo dei Vinti. Le tematiche affrontano i risvolti negativi nella società causate dal progresso industriale, con la conseguente perdita dei valori che rimangono solo nelle società non ancora industrializzate. Nei testi veristi l’autore non interviene mai a dare la propria opinione sui personaggi ma lascia che questi parlino da sé: per fare questo, Verga utilizza il discorso libero indiretto con cui vengono riprodotti i pensieri o i discorsi di un personaggio con uno stile a cavallo tra il discorso diretto e quello indiretto. Lo scrittore non è più il “poeta vate” che si fa portavoce di degli ideali di ceto sociale, ma è quasi uno scienziato che con una sorta di metodo positivista associato alla letteratura, ha il compito di descrivere oggettivamente la società.

Il Ciclo dei Vinti

Originariamente doveva comporsi di cinque romanzi: I Malavoglia, Mastro Don Gesualdo, La duchessa di Leyra, L’onorevole Scipioni e L’Uomo di Lusso ma solo i primi due vennero pubblicati. L’intenzione di Verga, espressa nell’introduzione de I Malavoglia, è quella di compiere uno studio scientifico dei meccanismo di cinque livelli diversi della vita sociale e la continua lotta per la sopravvivenza e per il benessere (teoria basata su quella dell’evoluzione di Darwin) dove i deboli sono destinati a soccombere. Da qui il titolo del ciclo. I personaggi dei romanzi sono dei vinti perché tentano inutilmente di migliorare la loro condizione sociale ed economica e, anche quando ci riescono, ne pagano amare conseguenze: ne I Malavoglia la famiglia di pescatori di Acitrezza si indebita per acquistare un carico che poi perderà in mare; in Mastro Don Gesualdo si narra la storia di Gesualdo, manovale che si è arricchito e che sposa la giovane aristocratica Bianca Trao per concludere la sua scalata sociale; ma non sarà mai accettato dalla nuova classe sociale e finirà per morire da solo, disprezzato persino dalla figlia.
Stilisticamente, ne I Malavoglia abbiamo una tecnica più corale, poiché la piccola società di Acitrezza viene descritta sia tramite il comportamento dell’intera famiglia dei protagonisti, ma anche dai vicini e dai conoscenti. In Mastro Don Gesualdo c’è un narratore esterno che cede la parola ai protagonisti nei dialoghi o nei monologhi interiori realizzati con discorso libero indiretto.
Il linguaggio è un italiano colto e letterario intervallato dal dialetto, allo scopo di rendere più realistico il racconto.

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