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John Keynes: note sulla "rivoluzione keynesiana"

John Keynes ha trainato con il suo pensiero il sistema americano che era reduce dalla Grande Guerra e dal Venerdì nero delle Borse. Ripercorrere il suo pensiero economico oggi significa ridurre il rischio con le speculazioni finanziarie.

La rivoluzione nel mercato del lavoro

Nel testo più importante di John Maynard Keynes, dal titolo "The General Theory of Employment, Interest and Money" (in italiano "Teoria Generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta"), il sistema keynesiano è sostanzialmente liberale per quanto riguarda il mercato del lavoro. Differentemente dalle teorie marxiste, che ritenevano il salario il frutto dell'alienazione e il simbolo dello sfruttamento degli operai da parte dei datori di lavoro, per Keynes il salario è uguale al prezzo degli oggetti prodotti e rimasti invenduti nel processo di vendita.
Questo cambia radicalmente anche le teorie sulla disoccupazione. Infatti, le teorie di Keynes parlano di disoccupazione frizionale o volontaria. Infatti, egli riteneva che essere disoccupati non fosse una condizione esterna, ma una scelta del lavoratore che pretendeva di più del salario definito sopra. In qualsiasi caso, si trattava di una situazione temporanea, dovuta magari a un trasferimento causato dal cambio continuo di lavoro, in una società sempre più frenetica e produttiva. Non potendo rifiutarsi di lavorare se non per un breve periodo del tutto ininfluente nell'analisi economica, la disoccupazione era causata esclusivamente dall'abbassamento della produttività, dovuta al calo della domanda di quel prodotto.
In tutto questo processo, naturalmente, lo Stato doveva starne fuori, perché i mercati, stabilizzati dallo Stato, si sarebbero fermati, causando una crisi peggiore di quella che si intendeva evitare. Una visione strettamente liberista, nota con il termine lassez faire.

Keynes e la rivoluzione con la teoria della domanda e dell'offerta

L'economista Keynes e il suo pensiero sono importanti non tanto per i postulati sul mercato del lavoro, quanto per la teoria della domanda e dell'offerta, che ancora oggi regola i mercati. Nell'ottica keynesiana, la domanda si adegua sempre all'offerta. Un'affermazione ancor più comprensibile se si fa riferimento al contesto storico in cui Keynes vive (infatti, ha vissuto sulla sua pelle entrambe le guerre mondiali).
Facciamo un esempio esplicativo: se al supermercato voglio acquistare un chilo di mele e sul mercato ce ne sono tantissime, sfrutterò l'offerta del giorno. Se invece, non ci sono mele, ma banane, allora mi adeguerò e comprerò le banane pur di soddisfare il mio bisogno.
Quindi, Keynes privilegia i nuovi mercati, perché, producendo beni nuovi che in pochi producono, si può aumentare notevolmente il proprio fatturato e ridurre i concorrenti. Un'idea che gli ha fatto fruttare (stando alla biografia di Keynes) circa il 13,2% di rendimento nell'anno catastrofico per eccellenza, il 1929.

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